“I FabLab sono laboratori veramente all’avanguardia. Qui si riesce a far convergere le competenze individuali sui migliori progetti che diventano comuni e, appunto, insieme possono stravolgere il mondo. Parliamo di robotica, di tecnologie che verranno abbracciate da tutti e startup realmente innovative. Il potenziale dei FabLab è proprio questo: un punto d’incontro tra persone veramente skillate, quindi con competenze altamente specialistiche. Il tuttologo non funziona. Solo così l’unione fa la forza”.
Nei giorni scorsi l’imprenditore Maurizio Infusino, fondatore del FabLab Arduiner e ideatore della nuovissima piattaforma di mining sociale o ecosistema WhatEverOs, ha rilasciato una lunga intervista nell’ambito della trasmissione “Camera Car”di Paolo Talarico. Si è parlato di ricerca, innovazione, sviluppo e tanto altro.
In quel di Rende, ispirandosi all’idea del Massachusetts Institute of Technology (MIT) è nato “FabLab Arduiner” il primo fabrication laboratory calabrese e il più grande esperimento di questo tipo nel territorio nazionale. I laboratori di fabbricazione digitale, che fanno lavorare gomito a gomito esperti in diversi settori, rappresentano un tentativo di rispondere alla rivoluzione industriale 4.0 mettendo il progresso tecnico al servizio del settore manifatturiero, agricolo, dando agli esseri umani la possibilità di sfruttare le nuove tecnologie e di riappropriarsi non solo di condizioni lavorative migliori, ma anche del proprio tempo libero.
“Ci siamo sempre occupati di sicurezza informatica, sicurezza internet e import export di componenti di domotica (utilizzati ad esempio per la realizzazione delle cosiddette case intelligenti) e robotica.Questo però è anche un punto di incontro tra clienti e imprenditori”.
La giornalista Francesca Pignataro intervista alcuni allievi del FabLab
Così presenta il suo ambizioso progetto Maurizio Infusino, fondatore non solo dell’azienda Together Team ma anche ideatore nel 1992 della prima chat cosentina sui server IRC. Da quella prima bozza di social network ante litteram, Infusino sta realizzando un vero e proprio ecosistema digitale [WhatEverOs] basato sulle interazioni tra utenti, fondato su un ideale economico agli opposti rispetto ai social tradizionali come Facebook.
“Il nostro obiettivo è quello di creare un social che quota ogni cosa (internet of things), non solo le idee ma qualunque azione fatta sui social, quindi ogni azione è ripagata. Noi però non accettiamo cose che non portano valore all’uomo, quindi roba offensiva o startup che fanno guadagnare qualcuno a discapito di altri, quindi vogliamo mettere qui dentro solo il meglio di internet“.
“La cosa più importante – prosegue Infusino – è che qui dentro abbiamo creato un nostro asset valutario (cioè una moneta) e lo mettiamo a disposizione di chi vuole supportare la ricerca nel nostro FabLab o in altri FabLab in giro per il mondo. Attraverso il mining sociale, che è quella procedura che estrae i bitcoin, è possibile estrarre la nostra moneta e, pagando una tassa, convertirla anche in euro”.
La giornalista Francesca Pignataro intervista alcuni allievi del FabLab
Connettersi sul social, postare e interagire con gli altri utenti, genera quindi ricchezza all’interno di questo ecosistema parallelo. “Questo sistema – continua Infusino – crea ricchezza e poi la redistribuisce all’interno dell’ecosistema. Noi vogliamo creare asset per ogni robot e far arricchire attraverso le azioni generate da robot chi si trova a rischio di perdita del proprio lavoro a causa del progresso tecnologico. Quindi guadagni azioni attraverso le buone azioni create nel mondo”.
Il progetto è infatti un interessante modo di rivedere il progresso e l’attuale concetto di lavoro. Lo scopo è quello di mettere a “servizio” dei lavoratori le nuove risorse tecnologiche e creare un connubio tra il mondo della robotica e l’agricoltura. L’intento è quello di lavorare , afferma Infusino, “una materia prima importantissima per il nostro territorio, cioè la canapa. Crediamo che la nostra sia la canapa migliore al mondo e siamo sicuri che possiamo avere possibilità di lavoro creando aziende che lavorano questa materia prima e la utilizzano in vari modi. Ricreare un vero commercio al Sud che punta sullo sviluppo della canapa della quale non si butta veramente nulla. Con 250 aziende si creerebbero 10 mila posti di lavoro: potremmo creare qui una filiera della canapa calabrese a basso costo, nella quale si aggregano varie aziende che comprano da noi la materia prima e rientrano tutte nel nostro brand”.
*Quotidiano del Sud, Edizione Cosenza, Martedì 13 Marzo 2018
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