Canapa, una gigantesca bolla speculativa
Quello della canapa è ormai uno dei business emergenti, oggetto di discorsi e dibattiti pubblici, una vera e propria possibilità di rilancio del tessuto economico della nostra regione. Ma da enorme possibilità rischia di trasformarsi in una gigantesca trappola per chi investe. Il momento sembra a molti favorevole per proiettarsi sul mercato in ogni modo, aprire negozietti con la “pampina”, avviare dal nulla un proprio orticello sperando nella cosiddetta “svolta”.
La canapa sembra attraversare la particolare fase economica della bolla speculativa. Parliamo cioè di quello che si definisce un aumento considerevole e ingiustificato dei prezzi su uno o più beni, dovuto ad una crescita repentina della domanda ma limitata nel tempo. Come tutte le bolle, basate cioè su un andamento non sostenibile, finisce poi per scoppiare, con un altrettanto considerevole abbassamento dei prezzi. E notevoli rischi per i capitali investiti. Quella della canapa sembra, dunque, l’ennesima “corsa all’oro” della storia. Oppressi dalla crisi e animati dalla necessità di fare soldi e subito, centinaia di giovani rampanti ma senza alcuna esperienza nel settore decidono di improvvisarsi agricoltori. Basta avere un ettaro di terra e il gioco è fatto:
Se in 1 ettaro (10mila metri quadri) è possibile piantare 1 pianta a metro quadro, e dunque 10mila piante e se ogni pianta dovesse produrre 100 grammi, sarebbe possibile produrre 1 milione di grammi. Parliamo cioè di 1.000 kilogrammi di infiorescenza, dunque un discreto “tesoretto”.
Con le giuste competenze, frutto di un adeguato percorso di formazione, il ragionamento non sarebbe sbagliato. Ma secondo calcoli recenti, basati su terreni messi a coltura non razionale, improvvisata, priva di competenze, quello stesso ettaro potrebbe produrre fino al 90% in meno.
E poi, siccome il prezzo delle piantine è poi già caro in partenza, tutti coloro che hanno deciso di “provare” rischiano che il valore del prodotto finale sarà nettamente inferiore a quello d’acquisto delle stesse. A ciò bisogna aggiungere il rischio concreto, tramite impollinazione, di mettere a repentaglio le altrui produzioni.
Cosa potrebbe accadere se le aziende agricole acquistassero piantine da aziende agricole non autorizzate? Cosa potrebbe accadere piantando genetiche non autorizzate dal Parlamento? Cosa accadrebbe se il mercato fosse invaso da prodotti che non rispettano i valori consentiti per legge? Cosa potrebbe accadere al brand della canapa calabrese se magari per sfruttare la congiuntura presunta favorevole e con la voglia di far soldi, venissero prodotte infiorescenze non autoctone?
A rischio è la credibilità. A rischio è la qualità di produzioni veramente valide, autoctone, dove tutto è tracciato e frutto di competenze maturate in anni di percorsi di formazione, a rischio è il lavoro e dunque le vite di produttori esperti.
Anche per scongiurare questi e altri rischi è nata la Filiera della Canapa Calabrese, startup nata dal FabLab Arduiner, e che si pone l’obiettivo generale della commercializzazione dei migliori prodotti a base di canapa sotto un unico brand, ManyCanapa. L’obiettivo particolare è quello di unire le migliori aziende agricole all’interno di un’unica confederazione relativa alla canapa, cioè un punto d’incontro fatto di persone e associazioni che si vogliono mettere in gioco in questo settore ma nel rispetto di un regolamento comune. Alla base dev’esserci cioè la garanzia di avere a che fare con aziende che rispettano il percorso legale, in modo tale da affrontare la commercializzazione dei prodotti evitando di incappare in problematiche che potrebbero nascere dall’acquisto e dalla messa in circolo di sementi non certificate.
Quello che la Filiera della Canapa Calabrese intende attuare attraverso la confederazione è un percorso formativo per ottenere una materia prima che rispetti tutti gli standard e per la cui trasformazione servono impianti industriali attualmente inesistenti in Calabria e che comportano investimenti ingenti.
Ma, soprattutto, la Filiera della Canapa intende scongiurare il pericolo di perdere la chance più clamorosa di riscatto e rilancio del tessuto economico regionale.